Costadoro Oscalito exclusive talks

Exclusive Talks con Costadoro e Oscalito

Per definizione ‘eccellente’ è ciò che supera tutto il resto per merito, per qualità.

È qualcosa di pregiato, di grande valore.

E quando si può assaggiare, è squisito.

Oggi ne parliamo con due imprenditori che hanno fatto della qualità ad ogni costo la chiave del loro successo dell’eccellenza.

Sono Giulio Trombetta e Dario Casalini.

Giulio Trombetta 55 anni, è Presidente e amministratore delegato di Costadoro–la cui storia inizia nel 1890 a Torino –una delle principali realtà industriali italiane che esporta in oltre 30 paesi con un unico grande obiettivo: diffondere la cultura del caffè nel mondo.

Nel 1936 nasce il marchio Oscalito che, lavorando solo fibre naturali di alta qualità, sviluppa linee di intimo e moda maglia per uomo, donna e bambino. Nel 2014 entra in azienda la terza generazione e Dario Casalini, ex professore di diritto, gradualmente prende le redini della società, portando il brand a rinnovarsi e a crescere su scala internazionale, ma sempre nel segno della continuità.

Che cosa significa per te essere un’azienda eccellente?

GIULIO TROMBETTA

Oggi per potersi definire azienda eccellente, a mio avviso, bisogna essere socialmente utili. Essere socialmente utili vuol dire avere rispetto del prodotto, rispetto dell’ambiente, rispetto delle persone. Io parlo di caffè e sicuramente bisogna partire da una materia prima eccellente. Già avere rispetto dell’ambiente – perché in tutto il processo produttivo bisogna avere un occhio di riguardo per quello che l’ambiente- può dunque cercare di favorire il riuso, cercare nell’ ambito del proprio ciclo produttivo di adoperare degli elementi che non vadano a impattare in maniera drammatica sull’ambiente.

Noi credo saremo la prima azienda in Italia a produrre tutta la propria produzione con imballi compostabili che sono assimilabili ai rifiuti organici. Un grosso passo avanti, se vogliamo anche economico perché un imballo compostabile oggi costa circa tre volte tanto un imballo normale. Da ultimo ma non meno importante, il rispetto verso le persone. Quando parlo di persone parlo dei dipendenti parlo dei fornitori parlo dei clienti, dunque cercare di avere un approccio assolutamente onesto e trasparente nei confronti di tutti gli stakeholder che intervengono nell’ambito del proprio processo produttivo.

Allora eccellenza abbiamo detto va sempre abbinata a tradizione e innovazione, e allora qua in questa teca abbiamo riunito tutto un processo che va dal rispetto di tradizioni di materiali molto antiche fino alla ricerca più moderna. Chiederei a Dario di illustrarci che cosa c’è in questa scatola e che cosa rappresenta per lui la tradizione e l’innovazione.

DARIO CASALINI

Purtroppo abbiamo un sistema di mercato in cui e l’innovazione è percepita come novità quindi purché sia nuovo e questo ha creato un mercato quasi usa e getta. Per l’innovazione, come dice bene Giulio, è una cosa diversa cioè vuol dire migliorarsi sul prodotto e sul processo ma nel rispetto di alcuni valori fondamentali. Noi usiamo solo fibre naturali con filiera molto corta quindi tutti i fornitori sono italiani o europei e produciamo capi che rispettano l’ambiente sotto il profilo del processo produttivo e della fine-vita. Sono capi riciclabili perché sono naturali e rispettano la persona, sia chi ci lavora sia chi deve indossare quei capi perché ovviamente indossare un capo di fibra naturale ha un aspetto di salubrità e di tutela della salute che va un po’ oltre quella che è l’immagine che noi siamo abituati associare la moda.

Secondo me l’innovazione non stride con l’artigianalità, anzi l’artigianalità per noi è un valore che è una contrapposizione alla standardizzazione di prodotto e anche di rete commerciale che stiamo vivendo. Noi purtroppo passiamo in un centro cittadino ed è tutto uguale, noi non sappiamo più se siamo a Parigi a Londra a Torino o a Milano. I prodotti sono uguali e quindi il fatto di avere come valore fondamentale la promozione del “saper fare locale” significa anche differenziarsi, vuol dire fare cultura e vuol dire che per noi la differenziazione crea ricchezza.

Occorre un po’ contrapporsi alla voglia di omogenizzazione che c’è a livello globale e andare invece a riscoprire che le differenze culturali traslate nel settore della moda crea deflazione che va acquisita, condivisa e rispettata

E quanto è bello quando si riesce ad abbinare la cultura all’ imprenditorialità e la cultura va in direzione del futuro con la ricerca, l’innovazione e va anche in direzione del passato, soprattutto quando c’è una grande tradizione alle spalle. Questo bizzarro oggetto che adesso ci illustrerai è proprio un testimone della vostra storia antica. E’ una sonda, dico bene?

GIULIO TROMBETTA

Esatto, un campionatore, una sonda per poter effettuare dei prelievi di caffè. Abbiamo detto prima che un’azienda eccellente parte da un prodotto eccellente, dunque tutte le partite di caffè crudo che rientrano all’interno dello stabilimento devono essere sondate per vedere se c’è corrispondenza rispetto a quello che è stato realmente acquistato. Siccome il ritardo temporale dall’ acquisto al ricevimento della merce può essere anche di due, di tre, di quattro mesi noi dobbiamo essere ultra sicuri che quello che abbiamo acquistato sia effettivamente quello che poi arriva in stabilimento. Questo oggetto che tra è uno dei pochissimi oggetti nell’ambito dell’azienda che non è mai cambiato – credo che abbia più di 100 anni – serve per fare una specie di carotaggio nel sacco nella tela senza rompere il sacco e poter prelevare un campione di caffè crudo, poterlo testare, poter vedere se a livello organolettico corrisponde a quelle che sono le peculiarità del prodotto che abbiamo comprato. Quindi in un’azienda avere una storia alle spalle è una ricchezza anche se il rischio dell’ azienda storica – come nel nostro caso che ha più di 130 anni- il rischio è quello di passare per un’azienda obsoleta, dunque bisogna sempre coniugare la storia, la tradizione con l’innovazione, la tecnologia.

A mio avviso il segreto è quello di affidarsi ai giovani che sono una risorsa all’interno delle aziende come le nostre, che sono aziende familiari ma non tanto nel fatto di tramandare delle conoscenze ma nel fatto di tramandare dei valori.

Io dico sempre che nell’ avvicendamento generazionale tra una generazione e l’altra l’importante non è il trasferimento delle quote azionarie ma il trasferimento dei valori che devono essere veramente ben percepiti dai giovani perché poi devono essere replicati per poter avere una coerenza e una continuità come quelle dei vecchi.

Parlando di continuità, farei una domanda sull’attualità, nel senso che è innegabile che questo è un periodo piuttosto buio a causa della pandemia e di tutte le ripercussioni anche economiche che sta avendo in Italia e nel mondo. In questo caso, mantenere una continuità nella produzione e nella qualità, appunto nell’eccellenza della produzione, è possibile?

DC

Per quanto riguarda noi ovviamente è difficile per un’azienda che produce dal filato al capo finito, quindi tesse taglia e cuce fare smart working, quindi lo smart working è stato limitato a pochissime figure all’interno del settore impiegatizio ma poi sia le maestranze che gli operai, quelli che davvero sono la linfa dell’azienda, devo dire che sono stati eccezionali e saremo grati per molto tempo al loro senso di responsabilità e di abnegazione per cui non abbiamo mai smesso. Abbiamo inventato anche una mascherina molto particolare che ad oggi è ancora l’unica maschera in cotone certificato come dispositivo medico CE con un filtro estraibile e intercambiabile. Però hanno consentito di proseguire l’attività e di consegnare tutto in perfetto timing e questo grazie a una filiera molto corta. E’ un’integrazione verticale assoluta perché noi abbiamo il materiale in casa e quindi una volta che abbiamo il materiale, anche grezzo, basta avere il filo e poi tutto il resto ce lo facciamo da noi e questo è stato molto apprezzato dai nostri clienti perché, se è vero che la pandemia ha interrotto la campagna vendite, poi i riassortimenti sono partiti e ci hanno premiato tantissimo perché siamo stati tra i pochi a poter essere completamente autonomi sulla produzione e quindi dare un servizio in più.

Quindi si può fare, devi avere delle persone come dice benissimo Giulio, che condividono i tuoi valori e devo dire che i nostri dipendenti dal primo all’ultimo condividono davvero in maniera sentita i valori e obiettivi.

Valori e obiettivi anche economici per il futuro, vuoi dirci qualcosa?

Io credo che in momenti congiunturali difficili come questo la tentazione di scendere a livello qualitativo è forte, perché ci sono delle economie non indifferenti. Però questa è la strada più sbagliata da intraprendere. Secondo me l’unica cosa che ci differenza, noi aziende di Ebt, aziende simili anche se abbiamo tipologie merceologiche assolutamente diverse, è lo spirito di mantenere sempre altissimo il livello qualitativo.

Il mio sogno è quello di riuscire a rendere il cliente un consumatore consapevole perché noi non abbiamo bisogno di “fregare il cliente”. Noi abbiamo bisogno di clienti acculturati.

Mi piaceva la parola che hai usato “cultura”, la cultura del caffè è una cultura che di fatto non c’è, dobbiamo cercare di crearla e forse la grossa sfida da parte delle imprese è quella di riuscire a far apprezzare la qualità perché noi siamo talmente presuntuosi di poter credere che se il consumatore diventa un consumatore consapevole è in grado di sceglierci e ci sceglierà e non è mai una questione di prezzo, perché proprio come si diceva prima i momenti congiunturali difficili la gente avendo meno soldi ha imparato a relativizzare la spesa dunque piuttosto prendo un caffè in meno ma quando lo prende lo vuole buono ed è disponibile anche a pagarlo magari un pochettino di più perché comunque deve essere un momento di piacere.

Quindi in un momento di crisi l’azienda diventa un operatore culturale che è proprio il settore che sta subendo di più la la crisi.

DC

Ma infatti quello che dice Giulio per me è eccezionale perché l’aspetto educativo del consumatore è una cosa che contraddistingue tutto il gruppo. L’idea è proprio quella non di seguire un gusto e di fornire un bene materiale in più. Il punto è che devo educarti a distinguere e a spendere meglio ma per una questione di benessere, di salute e di benessere per questo sono molto inscindibili i due concetti.

GT

Assolutamente sì,anche perché adesso non so nel settore dei filati, ma sicuramente nel settore del food “ quello che è buono fa anche bene, ciò che è cattivo fa anche male” dunque dobbiamo riuscire a essere in grado di capire quello che di fatto mangiamo e beviamo perché assolutamente è fondamentale.

Quindi visto che la vostra associazione si propone di fare rete, questo può essere uno dei significati del fare rete? rete anche di cultura azienda

Per me, e dico sempre che EBT è l’associazione più importante di cui fa parte la mia azienda, un po’ perché è una rete di amici ma soprattutto perché abbiamo due aspetti molto peculiari. Da un lato io sono convinto che noi rappresentiamo una componente costitutiva del territorio: per me l’industria deve stare a fianco agli elementi che costituiscono e definiscono una cultura – quindi al paesaggio e all’arte a tutte le manifestazioni culturali. Dall’altro perché si tratta comunque di aziende che hanno un modello industriale in antitesi rispetto a quello che è la peggiore deviazione del capitalismo e della globalizzazione. Il fatto di avere filiere corte, filiere di eccellenza che mettono la qualità davanti a tutto e garantiscono che il prodotto abbia un giusto bilanciamento tra valore e prezzo, ma soprattutto il fatto di promuovere un’intera filiera e un saper fare locale che andrebbe perduto. Perché il problema è che sia io che Giulio probabilmente dobbiamo insegnare tutte le competenze che abbiamo in azienda a chi arriva: è difficile ormai trovare qualcuno che entra già con alcune competenze, a parte quelle che rappresenta la pura innovazione, però la tradizione la dobbiamo trasferire noi alle generazioni future e questa per me è una cosa fondamentale, un impegno che noi abbiamo naturalmente.

GT

Io invece credo che fare rete sia assolutamente fondamentale perché penso che la peculiarità del vero imprenditore, oltre alla poliedricità, sia quella della curiosità e della fame di sapere. Quale occasione migliore è quella di confrontarsi con altri imprenditori? Io dico sempre una massima mia da imprenditore che è “un imprenditore non è mai bravo lui, sono brave le persone che lo circondano” dunque la capacità di imprenditore è quella di sapersi contornare di persone più brave di lui magari con specificità diverse. Io mi rendo conto – io sono solo quattro anni che sono nella rete EBT, ma ho imparato tantissimo dai miei colleghi pur facendo magari prodotti assolutamente diversi e mi auguro che loro abbiano imparato qualcosa da me, dalla mia azienda e dunque questo scambio culturale di valori per me è fondamentale e imprescindibile e questo è un primo aspetto. Il secondo aspetto è che con diverse aziende delle nostre si possono fare delle operazioni di co- marketing molto interessanti. Ne abbiamo appena concluso una con Pepino, abbiamo fatto un gelato un Pinguino al caffè che è risultato un grandissimo successo. Le due aziende avevano analogie – pur essendo di dimensioni diverse con una merceologia assolutamente diversa- però aveva uno spirito di base assolutamente uguale: la storicità, la territorialità e la fissazione maniacale per la qualità. Abbiamo fatto un gelato dove il caffè è al massimo, il latte al massimo, il cioccolato al massimo e questo ci ha unificato e credo che se ne potranno fare altre perché ripeto la fantasia non ha limite, dunque io mi auguro un domani di collaborare anche con Dario e con altri che fanno parte della rete.

Io vi ringrazio perché parlando di impresa le parole che sono emerse più numerose e con maggiore forza sono state rispetto, cultura, fantasia, educazione, criticità e questo è raro e molto prezioso. Grazie ancora.